Pieve di Cadore

La casa di Tiziano

A Pieve, la residenza familiare che vide venire alla luce Tiziano Vecellio, sfuggita alle devastazioni e alle rappresaglie dei soldati tedeschi ai tempi delle guerre cambraiche del XV secolo, all’epoca della costruzione rappresentava una dimora tipica di una famiglia locale distinta, che annoverava, tra i suoi componenti, personaggi di prestigio: notai, mercanti di legname, incaricati della gestione della cosa pubblica. La situazione attuale invece è il risultato di interventi – commissionati dalla Magnifica Comunità di Cadore, proprietaria dal 1926 dell’immobile - all’ing. Giuseppe Palatini di Pieve di Cadore, ed eseguiti ancora nel 1928-30, con la demolizione dell’avancorpo anteriore, frutto di un ampliamento realizzato a metà del Settecento dai proprietari del tempo, che aveva avuto l’effetto di nascondere l’antica facciata. Con l’esecuzione dell’intervento di demolizione tornarono alla luce le antiche porte e finestre dell’edificio originario, aperture di dimensioni ridotte, peculiari del XV secolo. L’edificio odierno è composto da due piani in muratura, dalla planimetria irregolare, con ballatoi, scala esterna in legno e tetto a due falde con copertura a scàndole. Al pianterreno l’ampio locale con pavimento in legno a tronchetti ospita una raccolta di riproduzioni della collezione di disegni tizianeschi della Galleria degli Uffizi di Firenze e documentazione relativa al Pittore.

Il Palazzo della Magnifica Comunità

Fu costruito nel 1447, su delibera del Consiglio della Comunità, che all'epoca governava la zona. La torre merlata venne portata a termine nel 1491 e in questo anno venne posta anche la prima campana alla torre. Subì molti danni per un incendio durante la guerra della Lega di Cambrai e i lavori di ricostruzione terminarono nel 1518. Nel 1589 crollarono il tetto e parte della facciata a causa del peso della neve, che le cronache dicono fosse caduta in quantità eccezionale. Caratteristica è la sala del Pretore, con il soffitto in legno intagliato, e che ai quattro angoli porta le quattro insegne: del lavoro, della guerra, dell'arte e della religione. Nel centro del soffitto nel 1864 in seguito ai fatti dell'unità di Italia venne aggiunta una scritta: "La patria unisce insieme le sue più care memorie: 1864".

Attorno alla sala sono presenti 40 nicchie che ospitano i busti di diversi personaggi illustri del Cadore, tutti opera dello scultore Valentino Besarel. Vengono rappresentati: Folco, marchese e signore del castello di Cadore, amato dal popolo ma in disputa col patriarcato; Scaffardo, ricco commerciante e potente di Domegge di Cadore; Voltrico di Cadore, religioso a cui si deve la riforma del Capitolato d'Aquileia che riguardava queste terre e altri personaggi che in un modo o nell'altro hanno segnato la storia del Cadore.

L'opera degna di maggior nota è la sala del Cancellarius, con il soffitto in legno intagliato, e che ai quattro angoli porta le quattro insegne: del lavoro, della guerra, dell'arte e della religione. Nel Palazzo si riuniva l'organo assembleare della Magnifica Comunità, il "Maggior e General Consiglio": l'edificio rappresentava dunque il centro della democrazia cadorina, regolata dagli Statuti del 1338. Il testo, originariamente composto e custodito a Pieve di Cadore, venne sottratto dalle truppe asburgiche nel 1511 e si trova oggi ad Innsbruck (presso il Tiroler Landesarchiv).

La Chiesa Vecchia di Nebbiù

Complesso monumentale chiesa-campanile - cimitero, sito in Nebbiù del comune di Pieve di Cadore. Quando venne costruita nel XIII secolo era una cappella in stile gotico dedicata a San Bartolomeo, circondata dal cimitero e dotata di una torre di guardia in stile romanico. Nel 1629 fu elevato con la costruzione di una seconda cella campanaria dotata di eleganti bifore rinascimentali e di una svelta cuspide coperta di scandole. L'insieme, con la fusione del Romanico, del Gotico e del Rinascimentale, costituisce il grande pregio del complesso monumentale che posto in un luogo particolarmente suggestivo, è' molto ammirato da fotografi e pittori. Il suo vialetto d'ingresso è ideale per i matrimoni fioriti.

Passeggiando per Nebbiù di Cadore, salendo verso il bosco lungo la via principale, dirigendosi verso la cascata del Pissandro, si fa l'incontro con una curiosa chiesa, tutta circondata da un muro di cinta costruito con la pietra locale, la dolomite. Fermandosi presso il bar-punto di ristoro al centro del paese, appeso al muro c'è una vecchia stampa settecentesca, in cui è disegnata proprio questa chiesa, ma con un edificio molto più grande di quello che si vede oggi. Già, perché San Bartolomeo, un tempo, era molto trafficata: esistente dal 1200 almeno, si è via via ingrandita nel XV e XVI secolo, fino a ridursi progressivamente dopo l'800, usata come cimitero.

A sentire i paesani, negli anni passati il campanile, che svetta tra i pini e i larici alle spalle, è stato più volte scelto da tanti aspiranti suicidi che l'hanno considerato ideale come luogo per liberarsi della loro vita, forse per via di quella sua atmosfera solitaria e isolata... Quindi, aggirarsi attorno al complesso è anche un'esperienza un po' inquietante, ma tutta da vivere (per essere in tema!). Meglio andarci di giorno, però!